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Il prezzo del caffè

Per i produttori di caffè il sapore è sempre più amaro

Le ricerche degli ultimi anni hanno registrato un costo medio di circa 6,90 euro sostenuto dai consumatori italiani per una quantità di mezzo chilo di caffè.
Si tratta di una cifra notevole se rapportata al prezzo internazionale della materia prima che si attesta attorno ad un 1 dollaro per la stessa quantità.
È evidente l’enorme differenza tra il valore di mercato del caffè ed il suo stesso prezzo al dettaglio.

In anni recenti il settore della produzione di caffè ha subito una grave crisi tale per cui il prezzo della materia prima, già tendenzialmente basso, si è ulteriormente abbassato. Questa drastica riduzione ha reso e sta rendendo sempre più difficile la vita ai produttori di caffè che difficilmente riescono a guadagnarsi da vivere solo con i proventi dei loro raccolti.
Il prezzo del caffè, come quello di qualsiasi altro bene o servizio, è regolato dalle leggi di mercato della domanda e dell’offerta: tanto più vi è offerta tanto più il prezzo del caffè tenderà a scendere e viceversa.
L’offerta di chicchi di caffè è cresciuta molto e di conseguenza è calato il prezzo pagato ai produttori.
Questa tendenza è comune a diversi paesi, tra i quali si trovano Brasile, Vietnam, Colombia ed Honduras.

Nel mondo si contano più di 125 milioni di persone che fondano il proprio sostentamento sul caffè: l’80% del caffè mondiale proviene da 25 milioni di piccole aziende agricole.
Questa riduzione dei prezzi pagati ai produttori si traduce in insicurezza alimentare, aumento del livello di povertà e maggiori difficoltà nel coprire i costi di produzione e percepire una retribuzione dignitosa del proprio raccolto.

Nei paesi centramericani sta prendendo piede la tendenza ad abbandonare le coltivazioni di caffè per altre tipologie di materie più remunerative o addirittura ad emigrare verso il nord del continente.

Il divario tra prezzo di mercato e prezzo di vendita al dettaglio

È sotto gli occhi di tutti la crescita del prezzo dei pacchetti di caffè al dettaglio che si è registrata in Italia e negli altri paesi europei. Questo è avvenuto nonostante i coltivatori non abbiano visto mutare nella stessa misura le loro condizioni.
Bisognerebbe allora interrogarsi sulle motivazioni che portano ad un tale divario tra il costo al dettaglio di una tazzina di caffè ed il prezzo che distingue i chicchi di caffè sui mercati internazionali.

Jose Sette, direttore esecutivo dell’International Coffee Organisation (ICO), identifica quattro aspetti che influenzano il prezzo al dettaglio del caffè:

• Imposte;
• Margini di profitto applicati da catene e singoli bar;
• Margini di profitto applicati dal settore dedito alla tostatura;
• Variabili addizionali di marketing.

Se ne deduce che il costo dei chicchi di caffè costituisce un aspetto molto marginale nella definizione del prezzo sostenuto dal consumatore finale, sia che si tratti di caffè acquistato al supermercato o gustato al bancone del bar.
È chiaro che il prezzo di un caffè o di un cappuccino consumato al bar abbia al proprio interno una componente di affitto, costo del lavoro ed altri costi variabili che rendono il prezzo molto diverso da una città all’altra.

La situazione attuale è figlia di lunghi anni di oppressione esercitata dall’industria del caffè. Non a caso, il caffè è tra i prodotti più commercializzati al mondo, secondo solo al petrolio.
Il prezzo del caffè viene spartito tra grandi gruppi multinazionali che, così agendo, costringono i piccoli produttori a sottostare ai loro prezzi imposti pur di poter continuare a vendere i propri raccolti.
Il potere di contrattazione dei produttori è dunque pressoché nullo.
Un modello di questo tipo azzera il riconoscimento della qualità e non incentiva la motivazione allo sviluppo, portando le generazioni più giovani ad abbandonare le aziende di famiglia.
Sappiamo bene che la quota più importante del caffè commercializzato nel mondo proviene da piantagioni in cui si raccoglie ancora a mano ed il fenomeno di abbandono delle piantagioni è sempre più preoccupante.

I paesi consumatori hanno inconsapevolmente creato un business deleterio in cui si presta troppa poca attenzione alla qualità del prodotto o, meglio, non si è in grado di valutarla nel modo corretto. Questa insufficiente attenzione si riflette nel prezzo amaro del caffè che beviamo ogni giorno.

Piccoli cafeteros si sono organizzati per combattere contro le moderne grandi piantagioni che hanno invaso con i loro prodotti di scarsa qualità il mercato.
Proprio in Italia si trovano enti governativi a supporto delle loro azioni quali l’IAO, istituto agronomico d’oltremare, e l’IILA, organizzazione internazionale italo-latina, e varie realtà di collaborazione tra torrefattori e produttori di caffè che mettano al centro il giusto scambio commerciale.

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